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mercoledì 26 giugno 2013

Tassa di 50 centesimi al ristorante per salvare i monumenti storici

Idea dell’assessore Di Dio che attacca i privati: «Facciano la loro parte» Corsi contrario: «Cifra esagerata, su un budget di un turista pesano»

VERONA — Cinquanta centesimi. Come una mancia per il cameriere. Scartata, tra le proteste degli albergatori, la tassa di soggiorno, l’assessore all’Edilizia pubblica Vittorio Di Dio lancia una nuova proposta per salvare monumenti e palazzi storici dal degrado: una quota fissa di mezzo euro da aggiungere al conto dei ristoranti. Servono milioni per il restauro dell’Arena, del Teatro Romano e delle altre meraviglie storiche di cui abbonda la città, ma le casse del Comune piangono. Così ecco l’idea: «Cinquanta centesimi sul menu sarebbero una cifra irrisoria per il turista, che sarebbe ben felice di contribuire alla conservazione di un patrimonio storico e architettonico come quello di Verona», garantisce Di Dio.

Ma la proposta non piace all’assessore al Commercio Enrico Corsi: «Non sono d’accordo - dice secco -. Se già la tassa di soggiorno di un euro sui cento di media di una camera sembrava eccessiva, figuriamoci mezzo euro sui 30 di un pranzo. In percentuale, mi sembra che la cifra sia esagerata. E’ vero che cinquanta centesimi sono poco, ma sul budget di un turista pesano. Comunque se Di Dio ha delle proposte, le faccia in giunta e ne discuteremo». L’assessore all’Edilizia pubblica rilancia, ricordando che in mancanza di fondi qualcosa va fatto per non rischiare di vedere altri palazzi perdere calcinacci e pezzi di cornicione. «Gli albergatori si lamentano di essere sempre tartassati e non vogliono la tassa di scopo. Allora io dico: chiediamo uno sforzo anche a ristoratori e bar. Sono i primi a trarre beneficio da un patrimonio ben conservato, che attrae ogni anno milioni di turisti». Ma una menu-tax non potrebbe risultare indigesta? «Non è una tassa, ma un contributo per il restauro dei monumenti. Cinquanta centesimi per i monumenti sono poco o niente. Ogni sei mesi potremmo rendere conto di quanto raccolto e di come lo utilizziamo, in modo da far sentire tutti parte di uno sforzo collettivo».
Verona, ricorda Di Dio, ha oltre 400 proprietà di pregio tra monumenti, palazzi, statue e fontane. Per la manutenzione servirebbero ogni anno parecchi milioni. Per il restauro completo dell’Arena ne servirebbero otto e per il recupero degli spazi museali e artistici del Teatro Romano altri cinque. Poi c’è la tomba di Giulietta, che richiede un milione per completare i lavori in corso. Quindi, in lista di attesa, Porta Nuova e Porta Palio, che assommano circa due milioni di spesa. «Noi, come amministratori, abbiamo il dovere di lasciare in buone condizioni il patrimonio monumentale e storico ai nostri figli, ma come facciamo se non abbiamo le risorse?» si chiede l’assessore. Ecco il perché dell’appello lanciato un mese fa ai grandi imprenditori per adottare un pezzo di Arena, come ha fatto Diego Della Valle con il Colosseo.
Ma finora in risposta è giunto un silenzio assordante. «Spiace dover constatare che ai veronesi dell’Arena non gliene frega niente - si sfoga Di Dio -. Dove sono i Calzedonia, i Veronesi, i Bauli? Tutti mi danno pacche sulle spalle e mi dicono: "Bravo, bella idea". Ma nessuno apre il portafoglio. Verona è una città ricca, ma poco disposta ad aprirsi. Come i contadini di quarant’anni fa: giravano con le pezze al culo e il tabarro, non scucivano una lira ma erano miliardari». In questo momento storico, con i tagli di Roma e il patto di stabilità sul collo, serve uno scatto d’orgoglio. Un risveglio del mecenatismo e del senso di responsabilità: «C’è la crisi, ma il nostro è un tessuto sociale ricco. Ognuno deve fare la sua parte».

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